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Memoria dell’audizione informale di CGIL CISL UIL con la IX^ Commissione della Camera dei Deputati del 16.6.2021 è à ì

Walter Schiavella e Ilvo Sorrentino
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Ormai da diversi anni le tre Confederazioni sono impegnate in una battaglia per la modifica della previsione dell'articolo 177 del codice degli appalti pubblici. Nel corso degli anni abbiamo ottenutola proroga degli effetti della norma, ma mai una modifica ordinamentale che recepisse le nostre istanze. è à ì

Tale modifica ordinamentale è invece oggi l’unica strada percorribile per evitareripercussioni gravi sulle stesse strategie delle aziende del settore che hanno bisogno di un quadronormativo certo e stabile nel tempo tanto più in questa fase nella quale entrano in campo gliinvestimenti sui settori interessati previsti dal PNRR.L’art. 177 (che non trova alcun fondamento nella normativa europea di riferimento) stabilisce che ititolari di concessioni, assegnate senza ricorso alla «gara pubblica», dovranno affidare una quotapari a l’80% dei propri contratti mediante procedure di evidenza pubblica, per il resto (20%)potendo ricorrere a società in house o a controllate/collegate.

Il termine, più volte prorogato, diadeguamento è fissato al 31 dicembre 2021, data oltre le quali le aziende interessate dovrannocedere a terzi le suddette attività..Con le Linee Guida ANAC n. 11 è stato precisato che l’obbligo di affidamento mediante proceduredi evidenza pubblica deve intendersi riferito a tutte le attività oggetto della concessione ancora daeseguire, anche nel caso in cui queste siano svolte direttamente dal concessionario con mezzi proprie proprio personale.

Questa lettura, nonostante la presa di posizione del Consiglio di Stato che hareso una parere differente, finora non è mai stata modificata. Non solo, pende anche un giudizio dicostituzionalità presso la Corte che dovrà pronunciarsi questo autunno sul rispetto degli articoli 41 e97 della Carta.Oltre ai profili giuridici, l’obbligo di esternalizzazione così formulato comporta gravi conseguenzeanche da un punto di vista operativo, determinando l’esternalizzazione dell’80% del valore di fattoridella produzione tipicamente interni quali, ad esempio, il lavoro (comprensivo di salari, stipendioneri sociali, TFR ed altri costi) ed immobilizzazioni materiali ed immateriali.

Si tratta in sostanzadi una espropriazione delle attività inerenti alla concessione, che ne risulterebbe pressoché svuotata,divenendo delle mere stazioni appaltanti prive di ruoli operativi e gestionali. Il trasferimento dellaquasi totalità dei servizi verso l’esterno comporterebbe dei seri rischi per la continuità del serviziodurante la fase di esternalizzazione (che potrebbe durare mesi), nonché fenomeni di dumpingcontrattuale pericolosi.Il processo di esternalizzazione avrebbe, dunque, un costo economico e sociale elevato: si stima laperdita di decine di migliaia di posti di lavoro in alcuni anni.Per tali ragioni chiediamo una modifica della norma attraverso un emendamento che risolva lecriticità menzionate, pronti a sostenere le nostre richieste a partire dallo sciopero già proclamatodalle categorie unitarie del settore per il prossimo 30 giugno 2021,Occorre escludere le concessioni di servizi di interesse economico generale dall'apllicazione dellanorma.

Ce lo suggerisce anche la segnalazione di ARERA del 12 marzo 2019, che ha manifestato aGoverno e Parlamento preoccupazioni e perplessità: la parcellizzazione della concessione fra tantipiccoli esecutori, unitamente all’obbligo, per il concessionario, di far fronte alle nuove gare (e ainuovi oneri) senza poter recuperare direttamente i propri investimenti, determinerebbe un’elevatapercentuale di costi da ammortizzare, con la concreta possibilità di duplicazione degli stessi(inefficienza ovvero uno spreco di risorse) e di traslazione a carico dell’utenza finale. Il tutto,dunque, con ricadute negative sulla continuità e sulla qualità dei servizi resi